E tu, sei disposto ad essere una “lampara” per gli altri?

Laboratori in cui “speriamo disperatamente di sperare”
di Clara Azzarito*

 

Vi è mai capitato di passeggiare la sera lungo la riva del mare avendo per compagni di viaggio solo i pensieri che sfilano come auto in attesa al semaforo della vostra mente? Avete mai provato una solitudine profonda osservando il fluido abbraccio delle onde? E, in momenti di vulnerabilità, avete mai creduto che alle ansie, ai timori, alle debolezze che percuotono il vostro animo non ci fosse una soluzione, una speranza, una luce? Non riusciamo a familiarizzare con quel silenzio. La nostra vita è così tanto scandita da tempi, da fasi, da ritmi che, non appena ci si concede al veneratissimo otium, immersi in un dialogo profondo con il proprio “io”, ci si sente pervasi da un inspiegabile disorientamento.

Quella “lampara”, termine con cui don Tonino Bello termina una sua bellissima poesia, è una metafora suggestiva per indicare ciò che è innato in ognuno di noi, ovvero la speranza. La lampara, però, non è solo un oggetto inanimato e che, etimologicamente, illumina l’ombra; può essere anche il sorriso di un genitore, la carezza della persona che ami, l’abbraccio di un fratello, la parola di conforto di un amico o la fede in Dio. Insomma, può essere tutto ciò che ci garantisce, aggrappandoci come ad una boa, la risalita dal baratro di incertezze in cui ci siamo trovati.

Le parole speranza, corrente, luce e mare hanno accompagnato il nostro incontro, tenutosi venerdì 25 ottobre alle ore 19:30 presso il centro diocesano di Morigino, dove i giovani di Azione cattolica della diocesi di Otranto si sono riuniti. In quel luogo di riflessione, abbiamo cercato di confrontarci con queste entità, infinite e vaste, di fronte alla nostra finitezza. Cos’è la speranza? Saremmo capaci di affidarci a qualcuno o a qualcosa come fanno i detriti degli abissi con le correnti? Potremmo diventare pescatori di uomini, un giorno? Sono domande esistenziali, che pesano sull’animo e si insinuano nella mente dei giovani presenti.

Abbiamo cercato di dare voce a ciò che spesso rimane nascosto, come un invito a mettere a nudo le nostre emozioni. Infatti, il primo passo del nostro incontro è stato quello di spogliarci delle nostre riserve, rivelando pensieri e riflessioni ad alcuni foglietti di carta, intagliati a forma di pesce. Proprio come fosse la pesca del giorno, li abbiamo inseriti in alcuni cesti, caratterizzati da parole autentiche, pesanti, contemporanee e reali: fantasia, interesse, fallimento, distrazione e confidenza. Mi rincuora pensare che Cristo, il più amabile ed esperto tra i pescatori in circolazione, possa aver tirato su, con le sue reti, i pensieri più intimi di ciascuno di noi, scrutandoci a fondo, conoscendoci e, inesorabilmente, amandoci. La parte iniziale del Salmo 139, letto insieme, recita «Signore, tu mi hai esaminato e mi conosci. Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo, tu comprendi da lontano il mio pensiero».

Continuando con un crescendo tensivo di emozioni, ci siamo chiesti dove andremmo se, immaginandoci su una zattera, ci lasciassimo guidare dalle correnti: in America, in Asia, in Norvegia, in Sud Africa o faremmo, alla Jules Verne, il giro del mondo in 80 giorni? Anche in questo caso, la corrente che ha smosso gli animi ha preso il nome di “speranza” e di “vita”.

Giovani con passioni diverse, che comunicano con le infinite lingue del cuore, hanno intrecciato i loro sentieri, lasciandosi trasportare dal vento della speranza e diventando piccoli fari nella notte, come pescatori che illuminano lo scuro mare con la loro lampara. Hanno saputo rischiarare, con i loro gesti e le loro parole, le onde turbolente della mente, trovando il coraggio di dialogare con i propri più intimi pensieri.

Torno a casa domandandomi se ci sia qualcosa di più poetico e suggestivo di questo incontro di luci, speranze e mari interiori.

 

*Settore Giovani, parrocchia “S. Giorgio Martire” - Serrano