Il triennio… per filo e per sogno

Ogni triennio associativo ha le sue sfide. Ogni triennio le sue fatiche. Dentro questi 150 anni, anche quest’ultimo triennio (2014-2017) verrà ricordato come “un pezzo di storia”, fatta di volti, di esperienze, di progetti, di fatti.Difficile metter in fila i pezzi. Proviamo a farlo. Vediamo un po’: per cosa verrà ricordato questo triennio?

Le metafore. Sicuramente in questo triennio non sono mancate le metafore. La prima, quella famosa, usata dal presidente nel primo convegno delle Presidenze diocesane: «La realtà sorprende l’idea», il famoso modulo 4-3-3, metafora calcistica per indicare una chiara intenzione dell’Ac di non giocare in difesa, di accogliere con determinazione l’invito di papa Francesco a vivere sempre più la dimensione missionaria, secondo lo stile dell’Ac, consapevoli dell’importante contributo dei laici associati.
Come dimenticare la metafora della sinfonia ascoltata al convegno delle presidenze del 2016, «il tutto è più della parte», il mattoncino di lego regalato dal presidente a tutti i delegati... per indicare la volontà di mettersi al servizio di tutta la Chiesa con umiltà e nella corresponsabilità. Insomma, dal primo appuntamento, tutti i convegni nazionali delle Presidenze diocesane, hanno approfondito l’Evangelii gaudium, provato a dargli “gambe”, a farla diventare scelte di associazioni e Chiese locali.

Profumi, sapori e volti. Un triennio di profumi e sapori. Quelli delle nostre realtà locali. Di volti, quelli dei presidenti parrocchiali. Una corsa su e giù per l’Italia ad accorciare le distanze, per custodire il legame bello della responsabilità. Una scelta precisa per sostenere chi è il cuore della vita associativa delle nostre parrocchie. Un triennio che ha visto un dialogo diretto della Presidenza con i presidenti parrocchiali, una newsletter “Whatsapp” inviata ai presidenti parrocchiali e i tanti volti incontrati nei giri per le regioni d’Italia. Volti che raccontavano un’Ac ramificata in ogni angolo del paese, capace di rinnovarsi, di ripensare le proposte, i tempi, le forme per consentire a tutti, giovani adulti e bambini di vivere in profondità un’esperienza di incontro con il Signore.

Gli oggetti. Un triennio di oggetti e gadget originali. Non mancheranno di certo sulle nostre scrivanie: una bella pianta sbocciata da una matita, una preziosissima tazza che si colora al calore e il bellissimo double puzzle per divertirsi con amici e parenti. Oggetti che ci richiamano all’impegno dell’Ac per la pace e le iniziative di solidarietà. Ricordiamoli. “Dai vita alla pace” e l’impegno a costruire un ponte di fraternità oltre il Mediterraneo, per l’acquisto della “Volanta”, un macchinario che pompa l’acqua fino in superficie, fornendo acqua per tutti in Burkina Faso. “La pace è di casa” e il sostegno ai progetti di accoglienza dei migranti a Lampedusa della diocesi di Agrigento. E infine “Costruiamo la pace” e il sostegno alla Cooperativa sociale Il Tappeto di Iqbal, una realtà di “circo sociale” che da oltre dieci anni opera in strada nel quartiere Barra di Napoli.

Le parole. Un’Ac capace di trovare parole per raccontarsi in tutta la sua bellezza, consapevole della ricchezza per la vita della Chiesa e dei territori. Capace di aiutare adulti a riscoprirsi generativi e a narrare una vita resa bella dal Vangelo.
Un’Ac capace di dare la parola ai più piccoli e riscoprirli protagonisti e missionari per la vita della Chiesa. Pensiamo al percorso di preparazione e alla bellissima esperienza del Festival dei ragazzi, “A noi la parola”.
Un’Ac capace di ripensare le parole, i propri linguaggi rendendoli più adeguati ai tempi e capaci di un annuncio sempre nuovo. In questa direzione la riflessione tanto cara in questo triennio condotta dai giovani sull’uso dei linguaggi nella comunicazione della fede.
Un’Ac capace di prendere la parola su temi forti e importanti per la vita del nostro Paese: pensiamo all'impegno del Movimento studenti nella riflessione sulla riforma della scuola e del Mlac sulla riforma del lavoro, all’impegno del Centro studi e la riflessione sul referendum e le riforme costituzionali.
Un’Ac capace di fare un salto nell’universo delle parole, offrendo le riviste digitali e mantenendo alta la qualità delle nostre riviste, un prodotto più moderno, fruibile, proiettato verso un’informazione e linguaggi tipici del XXI secolo. Un salto comunicativo, relazionale, culturale.
Un’Ac capace di scambiare parole fraterne con i vescovi, invitati a Spello a riflettere sul valore dell’Azione cattolica nella vita della Chiesa e con gli assistenti di tutte le altre associazioni laicali. Un’Ac, dunque, promotrice di comunione e legami buoni.

Il silenzio. Di questo triennio ci resta anche il silenzio. Cercato, riscoperto, offerto a tante persone. Questo è stato un triennio in cui l’Ac ha dato fiato all’esperienza di Spello, che è diventata sempre più il polmone spirituale dell’Ac. Animata nei tempi forti di avvento, quaresima ed estate, attraverso esperienze per giovani adulti, fidanzati e sposi, Casa San Girolamo è diventata luogo di silenzio, preghiera e ricerca sul tema della vita spirituale dei laici.
Il silenzio è stata anche un’esperienza. Il silenzio sacro davanti alla morte e alla testimonianza dell’assistente generale mons. Mansueto Bianchi. Un silenzio che ci ha ricondotti all’essenziale della vita dell’Ac, come lo stesso mons. Bianchi ci aveva indicato, dandoci una prospettiva alta e piena di speranza all’inizio del triennio, richiamandoci alla parabola del seminatore e al senso del nostro impegno. «Con la fatica della speranza: una nuova speranza – queste le sue parole – che è in gestazione dentro un apparente fallimento; una grandezza che viene velata dentro i segni della piccolezza; una vita che si genera dentro la morte. Il Signore, il regno, il vangelo stanno dentro la vita, non sotto il segno del trionfo ma della piccolezza. L’invito è a fidarci di Dio, a consegnarci radicalmente alla sua logica, al suo stile, al suo modo di essere perché quello che Gesù ci viene dicendo è che Dio è chicco dentro la storia. Dio è piccolo, Dio è fragile, Dio è trascurabile secondo le gerarchie delle grandezze umane. Però il seminatore uscì a seminare. Avendo fiducia. A noi appartengono la pazienza e l’attesa».
La speranza, la pazienza e l’attesa.

 

di Maria Grazia Vergari - Vicepresidente nazionale Ac per il Settore Adulti,
pubblicato su Segno n. 3 marzo 2017