Il dovere di accogliere i minori stranieri soli

Cittadinanza e immigrazione

Sono molti i bambini e ragazzi tra le persone che attraversano i confini dell’Unione Europea; tanti quelli che affrontano il mar Mediterraneo. Nei primi quattro mesi del 2016 i bambini e i ragazzi approdati in Grecia erano il 37% del totale. Delle ricerche sostengono che il rapporto sul totale dei migranti in arrivo in Europa sia di 1 a 3. Una parte di loro è sola: arrivata senza genitori e senza parenti. Per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno è sufficiente considerare che secondo un’elaborazione dell’Istituto Ismu, su dati UNHCR, in Italia sono arrivati 12.360 minori non accompagnati solo nel 2014.
Ma varcare i confini non significa essere arrivati. Per loro il viaggio continua e non abbandonare questi ragazzi è essenziale.
Possiamo tratteggiare alcune loro caratteristiche. Alcuni dati li conosciamo. Save the children osserva che la stragrande maggioranza è composta da maschi, l’80% ha un'età compresa tra i 15 e i 17 anni, molti vengono dall’Eritrea e dall’Egitto. Alcuni dati li conosciamo.
C’è però una zona d’ombra. Alcuni stimano che addirittura l’89% dei ragazzi e bambini scompaia: alcuni di essi tentano di proseguire il loro viaggio senza farsi bloccare dai controlli, perché vogliono raggiungere un luogo preciso dove si è radicata una loro comunità di riferimento, dove vive un parente di cui hanno l’indirizzo, dove lavora un loro fratello, altri invece cadono vittime della rete criminale e corrono i pericoli peggiori. Per contrastare il traffico bisognerebbe incrementare gli sforzi compiuti sulla frontiera e nei centri di prima accoglienza compiuti dalle istituzioni e dalle organizzazioni della società civile.
Poi c’è la parte che rimane nel sistema di accoglienza. Questi ragazzi, in Italia, iniziano un percorso che prevede due fasi.
Nella prima fase si avviano le procedure per il riconoscimento dell’identità: non è un compito semplice, dato che spesso si tratta di ragazzi senza documenti e senza un reale interesse a dichiarare la propria età, perché, nella maggior parte dei casi, vengono per trovare lavoro, anche se sono minorenni.
Nella seconda fase i ragazzi sono indirizzati e poi ospitati in una comunità di accoglienza per minori. Fortunatamente l’ospitalità è un diritto per tutti loro: a differenza degli adulti tra i minori non si fa distinzione tra profughi o immigrati per motivi diversi, almeno in Italia. Cambia, però, la condizione di questi ragazzi al compimento della maggiore età, perché il richiedente asilo potrà proseguire il suo percorso, mentre gli altri dovranno rispondere alle norme vigenti sulle migrazioni e quindi essere in possesso dei requisiti per ottenere un permesso di soggiorno.
L’accompagnamento, durante l’ospitalità nelle comunità di accoglienza, diventa allora fondamentale per molti ragazzi, perché è in quel periodo che si gioca la possibilità di sostenere le loro aspirazioni o per aiutarli a comprendere meglio quali siano gli obiettivi realizzabili al momento.
Dentro questo percorso lineare la realtà italiana si declina nell’eterogeneità dei modelli di accoglienza strutturato sulle politiche sociali dei diversi comuni in due ambiti di intervento: alloggio e integrazione formativo-lavorativa. Così molto dipende dalla ricchezza della rete comunitaria in cui i minori sono ospitati.
Uno studio condotto dal sociologo Marco Accorinti per il CNR su Politiche e pratiche di accoglienza per minori non accompagnati indica molti aspetti da migliorare. Ci limitiamo qui a evidenziarne due:
- La centralità del progetto educativo, che è fondamentale per armonizzare tutti gli interventi a favore dei ragazzi. Si legge nel report: “La logica educativa supera la logica emergenziale e assistenzialistica e mette al centro dell’attenzione la persona del minore; cerca di coglierne le potenzialità e le risorse e di suscitare in lui interesse per prospettive di futuro diverso; ne stimola inoltre il desiderio ove fa crescere la fiducia nella possibilità di attuazione attraverso un impegno personale sostenuto e accompagnato”;
- Il rapporto con i minori in strada e contrasto alle fughe: purtroppo l’incertezza del futuro e le inquietudini dei ragazzi sono condizioni che portano all’irreperibilità dei minori che si allontanano dalle comunità di accoglienza per cercare fortuna o per continuare un viaggio che aveva già in principio una destinazione diversa dall’Italia. Oltre 5mila ragazzi si sono resi irreperibili. E mostrano le falle nel sistema di accoglienza. In questo senso servirebbero azioni di prevenzione e interventi mirati come l’educazione di strada, suggerisce Accorinti. Nel report si evidenzia inoltre che “nella pratica dell’intervento sociale viene segnalata la presenza di minori in strada che evitano il contatto con i servizi, che sono inseriti in circuiti di sfruttamento difficili da contrastare e che fuggono dalle comunità di pronta accoglienza dopo brevissimi periodi di permanenza. L’aggancio in strada dei minori e il contrasto delle fughe è una delle aree più critiche e meno consolidate delle politiche di accoglienza, che sembrano aver dimenticato l’ambito della prevenzione e dello sviluppo di comunità”.

 

di Andrea Casavecchia - Componente del Centro studi dell’Azione Cattolica Italiana
dal sito: http://azionecattolica.it