La Pace è dono

Domenica, 4 Febbraio, 2018

Intervista a Salvatore Marti, Presidente diocesano dell’Azione Cattolica dell’Arcidiocesi di Otranto.

 

La pace nel mondo sembra un ‘sogno’ lontano, irraggiungibile, un’utopia. Ogni giorno cronache di violenza, di guerra, di odio, diventano titoli di testate giornalistiche. Cosa fare? Guardare passivamente o agire? Certamente non smettere di lottare, di impegnarsi, di testimoniare l’urgenza della pace per l’umanità. La pace è di tutti e per tutti, coinvolge l’umanità intera. La pace così come dice Madre Teresa “la pace inizia con un sorriso”.

Ne parliamo con Salvatore Marti, Presidente dell’Azione Cattolica dell’Arcidiocesi di Otranto.

 

Presidente, perché una Festa della Pace? Qual è il significato di questa festa?

La dimensione della festa richiama subito alla mente l’esperienza dell’attesa, della gioia, della condivisione.  A volte attendiamo anche tantissimo tempo per festeggiare una ricorrenza e quando arriva il giorno della festa è un tripudio di gioia, una gioia che non possiamo trattenere ma che siamo spinti a condividere con gli altri.

La pace, purtroppo a volte a lungo attesa o addirittura agognata, è gioia, una gioia contagiosa. Allora la pace è festa. Dobbiamo festeggiarla per ricordarcene l’importanza.

Quella diocesana della pace è una festa perché c’è un luogo, una “casa” che accoglie (quest’anno la comunità di Castri di Lecce, accogliente e generosissima). Inoltre è una festa perché partecipano migliaia di ragazzi di tante parrocchie della nostra diocesi e non solo quelle in cui è presente l’Azione Cattolica. È una festa perché c’è un festeggiato e perché c’è un dono.

 

Pace come dono del Risorto: ci può dire qualcosa in più?

Mi piace pensare che la Festa della Pace sia l’unica festa in cui festeggiato e regalo coincidono, proprio perché per noi Cristiani la pace che festeggiamo è il dono del Risorto.

Gesù, incontrando i discepoli nel cenacolo da risorto, ha donato loro la pace: “Pace a voi”. È un dono che ha fatto alla sua Chiesa e al mondo. Non è semplicemente un augurio o un auspicio ma una promessa e un dono.

 

Il compito dei laici e dei cittadini come promotori della pace, qual è?

Mi vengono in mente due esempi. Il primo mi è suggerito dal titolo di questa Festa della Pace: Scatti di pace. Possiamo raccontare la pace, regalare istantanee di tante belle esperienze di fraternità, di condivisione, di pace. Possiamo non smettere di raccontare le tante guerre dimenticate.

Poi, come laici, come cittadini non possiamo restare indifferenti davanti ai sempre più preoccupanti “rigurgiti” razzisti e antisemiti. Il razzismo è spesso legato alla paura e c’è chi alimenta un clima di diffidenza e terrore per meri fini elettoralistici. Allora noi come Cristiani, abbiamo il dovere di non cedere al ricatto della paura, perché il «non temere» anticipa l’annuncio della risurrezione e il dono della pace.

 

La pace è per il presente?

Mi piace pensare che un sinonimo di dono è presente. La pace è dono, la pace è presente. Soltanto la pace permette di rileggere il passato e di valorizzarlo, facendo memoria della sua storia. Non possiamo immaginare, costruire, sognare e festeggiare la pace senza memoria.

La pace è presente, la pace è passato, la pace è futuro.

 

Perché è futuro?

È futuro perché, sebbene dono del Risorto, è frutto di una lenta e faticosa “opera” che ciascuno di noi, come singolo e come comunità, è chiamato quotidianamente a “costruire”.

 

“Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! È un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati” queste le parole di papa Francesco per la 51a Giornata della Pace.

Proprio in riferimento al messaggio di papa Francesco, nelle nostre comunità parrocchiali, in preparazione alla Festa della pace, abbiamo riflettuto insieme adulti, giovani e ragazzi, sul significato di accoglienza, protezione, promozione e integrazione di “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”. Non esiste pace senza giustizia e senza diritti e l’accoglienza è un segno di giustizia e un diritto sancito dalla Costituzione.

 

I Cristiani e l’accoglienza, cosa potete aggiungere?

Come Cristiani non dovremmo neanche interessarci alle cause per le quali i Migranti fuggono dai loro paesi, perché Gesù ci ha detto semplicemente «ero forestiero e mi avete ospitato». Non ci sono motivi “validi” per l’accoglienza secondo il Vangelo. L’accoglienza è per tutti, senza se e senza ma.

 

Quindi quale dovrebbe essere il compito del laico cristiano?

Se come cristiani siamo chiamati ad accogliere il fratello che per noi è Gesù stesso, come laici impegnati nella costruzione del Bene comune, individuate e analizzate le cause, dobbiamo passare alla proposta di soluzioni concrete, anche attraverso la politica. L’impegno politico come diceva Bachelet «non è altro che una dimensione del più generale e essenziale impegno a servizio dell’uomo».

 

Grazie, Presidente! Se mi permette, concluderei con la preghiera dell’uomo del dialogo, dell’accoglienza, dei diseredati, degli umiliati, degli emarginati,  dell’uomo che ci ha insegnato ad amare tutti al di là delle differenze, dell’uomo della pace del  creato per il creato, affinché tutti noi possiamo essere veri strumenti di pace:

                                                           Signore, fa' di noi

                                                           gli strumenti della tua pace.

                                                           Aiutaci: dove c'è l'odio, a portare l'amore.

                                                           Dove c'è l'offesa, a portare il perdono.

                                                           Dove c'è la discordia, a portare l'unione.

                                                           Dove c'è il dubbio, a portare la fede.

                                                           Aiutaci: dove ci sono le tenebre,

                                                           a portare la luce.

                                                           Aiutaci: dove c'è la tristezza,

                                                           a portare la gioia.

                                                           Signore, più che essere consolati,

                                                           vogliamo consolare;

                                                           più che essere compresi,

                                                           vogliamo comprendere;

                                                           più che essere amati,

                                                           vogliamo amare.

                                                           È donando che si riceve,

                                                           è dimenticandosi che ci si trova,

                                                           è perdonando che si è perdonati,

                                                           è morendo che si risuscita

                                                           all'eterna vita.

                                                           Amen.          San Francesco d’Assisi

 

 

Manuela Marzo 

 

L'intervista è stata pubblicata sul CorriereSalentino.it il 4 Febbraio 2018