Nel nostro Paese oggi, forse più che mai in passato, c’è bisogno di parole “buone”. Di parole “non buone” (neutre o, peggio, cattive) sono impregnati molti nostri discorsi, sono ricche le nostre giornate. Di parole non buone, troppo spesso, sono pieni anche i mezzi di comunicazione e i social network. Troppe volte e troppo spesso ci imbattiamo in commenti velenosi, in manciate di cinismo, in considerazioni aggressive, quasi a pensare che si riceve ascolto (su Facebook, come in televisione; da semplici utenti come da giornalisti di fama) solo in questo modo.
Ma di parole buone si sente la necessità, meglio l’urgenza, perché senza di esse non si cresce e non si capisce. Per questo è importante una “Giornata per le comunicazioni sociali” e, ancora di più, per questo sono importanti i mezzi di comunicazione sociale. Perché attraverso questi mezzi possiamo spargere parole buone, possiamo dar conto di storie di dialogo, di fratellanza, di amore, possiamo “abitare” i social in modo sereno e pulito.
Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata (che, significativamente è tutto centrato sulla famiglia) dice proprio: «In un mondo, poi, dove così spesso si maledice, si parla male, si semina zizzania, si inquina con le chiacchiere il nostro ambiente umano, la famiglia può essere una scuola di comunicazione come benedizione. (…) Benedire anziché maledire, visitare anziché respingere, accogliere anziché combattere è l’unico modo per spezzare la spirale del male, per testimoniare che il bene è sempre possibile, per educare i figli alla fratellanza».
Ecco, per rieducarci a usare parole buone prima di tutto in famiglia e poi con tutti, sono importanti i mezzi di comunicazione sociale. Hanno un costo in risorse umane ed economiche, certo, devono essere diffusi con maggior forza (e in questo tutti possiamo fare di più...), ma soprattutto rappresentano un veicolo formidabile di parole buone: per questo vanno sostenuti, arricchiti, fatti crescere.
Paolo Seghedoni
Delegato regionale Ac Emilia Romagna