Intervento del Presidente Ac alla veglia per il Sinodo
Siamo qui, questa sera, perché vogliamo pregare insieme per il Sinodo, vogliamo dire la nostra fiducia e la nostra gratitudine nei confronti dell’opera di discernimento che i padri sinodali saranno chiamati a compiere «cum Petro et sub Petro», vogliamo dire la nostra piena disponibilità ad assumere le indicazioni che emergeranno da questi giorni di grazia, e il desiderio di contribuire alla loro concreta traduzione nella vita quotidiana della Chiesa, delle famiglie, della società.
Siamo qui perché vogliamo dire la bellezza della famiglia, la sua importanza per il mondo di oggi e per il futuro dell’umanità. Vogliamo dire che la famiglia ci sta a cuore.
Ci sta a cuore la famiglia come forza moltiplicatrice della gioia, perché la gioia, da cristiani, vogliamo moltiplicarla. Una famiglia che sorride alla vita, che racconta senza bisogno di troppe parole la bellezza di una vita trascorsa insieme, una famiglia che faccia toccare con mano che vivere, amare, progettare e sognare insieme si può. E che le generazioni, i grandi e i piccoli, i genitori e i figli, possono raccontarsi a vicenda le meraviglie che la vita compie ogni giorno.
Ci sta a cuore la famiglia come spazio di amore, di relazioni autentiche nel quale i dubbi e le paure più profonde possono trovare parola, le fatiche della vita possono essere comprese e accompagnate. Perché ciascuno, come i discepoli di Emmaus, ha bisogno di vedere accolte e ascoltate le domande profonde che abitano il proprio cuore.
Ci sta a cuore la famiglia come luogo in cui si condividono le pesantezze, i momenti faticosi, e insieme con essi si gustano le gioie più autentiche. Ci sta a cuore la famiglia come esperienza di umanizzazione, una strada che può essere percorsa solo insieme, senza lasciare indietro nessuno, regolando il passo con quello di chi va più lento e di chi ha più pesi da portare.
Ci sta a cuore una famiglia che sappia guardare con occhi sinceri dentro se stessa, per sanare le piccole e grandi ferite che la colpiscono, la rendono fragile, la fanno chiudere in se stessa.
Ci sta a cuore una famiglia che faccia sentire tutti “a casa”. Che insegni l’arte di far sedere intorno alla tavola ogni persona perché capace di spezzare il pane. Una famiglia che vive l’intimità della casa non come una barriera nei confronti del mondo, ma come un cuore pulsante che genera relazioni, crea solidarietà, educa alla responsabilità. Una famiglia che diviene pianta rigogliosa quando non si chiude in se stessa, ma si colloca in modo vitale dentro la trama di relazioni di cui è parte e di cui si nutre. I parenti, gli amici, i vicini, la città.
Una famiglia che sa farsi carico delle solitudini che la circondano, che sa prendersi cura di chi attorno a lei non ha una casa, non ha un lavoro, non ha più una terra in cui restare.
Ci sta a cuore una famiglia che è piccola Chiesa, come scrisse Carlo Carretto tanti anni fa. Esperienza autentica di comunione che educa alla fede e introduce al cammino della grande Chiesa, che costruisce la comunità più grande.
Ci sta a cuore la famiglia, non un’idea di famiglia. Ci stanno a cuore le famiglie così come sono, nella realtà. E la realtà oggi ci mostra anche i volti concreti di tante esperienze tra loro diverse, abitate da difficoltà e grandi ferite, di percorsi che sembrano rimanere distanti dalla proposta alta di vita che nasce dal Vangelo. Verso tutte queste esperienze vogliamo innanzitutto metterci in ascolto. Lasciarci interrogare dalla loro quotidianità, dalla loro umana ricchezza, dalle loro povertà. Vogliamo rendere grazie per ogni seme di bene che si trova in ciascuna di esse, in ognuna. Vogliamo farci compagni di viaggio, per condividere con loro la ricerca della felicità. Vogliamo farci vicini di casa, per condividere con loro la gioia che nasce dall’incontro con il Signore.
di Matteo Truffelli - Intervento del Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana alla veglia per il Sinodo sulla famiglia con il Santo Padre - piazza S. Pietro, 3 ottobre 2015