La riforma della scuola è legge
Con il sì della Camera, la riforma della “Buona Scuola” - come la chiamò il premier Matteo Renzi - diventa legge dello Stato. Tra assunzioni e finanziamenti, “presidi leader” e alternanza scuola-lavoro, diverse le novità. Eppure manca qualcosa: tutto quello che poteva esserci e non c’è.
Nella prospettiva degli studenti questa scuola è davvero “buona”?
«Gli aspetti positivi non mancano, resta però amarezza per quello che la Buona Scuola sarebbe potuto essere».
I primi quali sono?
«Si ritorna a investire nella scuola ed è stato rimesso a fuoco il tema della autonomia: tutti elementi positivi, a cui si aggiunge lo stanziamento di 100 milioni di euro per l’alternanza scuola-lavoro. E anche se in altri paesi le cifre sono di gran lunga maggiori, il messaggio su questo aspetto è buono, perché l’educazione alla laboratorialità comprende anche ai licei e non solo gli istituti tecnici».
Qual è il problema di fondo, secondo voi?
«Da questo testo è difficile capire dove vuole andare la scuola italiana. Secondo noi questa riforma non ha l’ambizione di rispondere alle problematiche degli studenti. Allo slancio iniziale si è sostituito un progressivo tecnicismo. Si era partiti con una grossa consultazione, con l’idea di coinvolgere il mondo della scuola a tutti i livelli. Poi i passaggi sono saltati e le associazioni non sono state coinvolte nell’individuazione di una mission condivisa. Tutto si è risolto in una stabilizzazione degli insegnanti, che comunque andrà monitorata. Ma il dibattito sulle competenze e come si formano i cittadini di domani non c’è stato».
Ci possono essere spazi di recupero, da questo punto di vista?
«Nella fase dei regolamenti e dei decreti attuativi è importante che il ministero riapra il dialogo. C’è una scuola che ha manifestato dissenso non perché voleva che tutto rimanesse come prima. C’è chi protesta perché chiedeva più cambiamento».
Intervista a Gioele Anni di Alessandro Beltrami, per Avvenire - Pubblicato su http://msac.azionecattolica.it