Il tema del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, in programma a novembre prossimo, dà il titolo alla Traccia per il cammino preparatorio: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. È un testo essenziale che aiuta a mettere a fuoco il contributo che la Chiesa italiana sta dando e può offrire al Paese testimoniando concretamente la sua fedele adesione al Vangelo attraverso la proposta di un “nuovo umanesimo” cristiano.
Nella Traccia di preparazione sono state privilegiate due linee, l’essenzialità e la semplicità: «Per favorire questa scelta sono proposte sette schede. Una è dedicata al testo evangelico di Marco che fa da riferimento al Convegno Ecclesiale. Un’altra intende presentare la prospettiva cristologica del tema del Convegno, dedicando una particolare attenzione al “riconoscersi figli”. Le altre cinque sono dedicate alle “cinque vie verso l’umanità nuova” presenti nell’ultima parte della Traccia. Ogni scheda è pensata in modo autonomo, di modo che ogni realtà possa realizzare non un numero fisso di incontri, ma quanti ne ritiene opportuni, a seconda della specifica situazione».
Per capire meglio l’importanza del Convegno ecclesiale abbiamo incontrato a Macerata, il vice presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, la professoressa Maria Grazia Vergari.
Perché la Chiesa punta ad un nuovo umanesimo?
«La Chiesa si interroga proprio a Firenze, luogo simbolo dell’umanesimo su come la fede in Gesù Cristo illumina l’umano e aiuta a crescere in umanità. E’ proprio un “umanesimo vissuto”, dal quale si vuole partire. Il percorso intrapreso verso Firenze non consiste, infatti, nel passare dal modello alla realtà, bensì nel partire dal riconoscimento della bellezza che già c’è, per darle spazio e farla fiorire: un umanesimo in ascolto, concreto, plurale e integrale e fatto di interiorità e di trascendenza.
Il cammino verso Firenze comporta il discernimento comunitario, con riflessioni e proposte per rendere noi stessi e la nostra Chiesa capaci di andare verso le “periferie esistenziali” di oggi. In Gesù riconosciamo la pienezza di umanità, un “uomo nuovo”. Con Gesù Cristo vogliamo condividere lo stile di prossimità per offrire la possibilità di aperture, di riflessioni, di nuovi inizi.
Ciò non significa essere ingenui, dimenticando la realtà in cui viviamo, con la frontiera della povertà crescente, con la crisi in educazione, con il dramma del lavoro, con i diversi tentativi di “decostruzione” dell’umano. Significa per noi piuttosto illuminare con la luce della fede le molte oscurità della storia e curare con la carità vissuta le ferite, entrando nelle dinamiche sociali e culturali che hanno un effetto problematico sulla nostra vita».
Come la Chiesa può trasfigurare il mondo?
«Ripartendo da Cristo l’uomo nuovo. Più illuminiamo con la luce della fede la nostra storia, più siamo sospinti a farci carico della persona umana per aiutarla a vivere e ad esprimersi nel “noi”, nella trama di relazioni comunitarie, improntate alla carità, alla giustizia, alla prossimità.
Firenze 2015 si colloca, quindi, in una prospettiva, che è insieme culturale e missionaria, la sfida è dunque quella di “uscire” dai luoghi fisici dove si terrà il convegno e soprattutto dalla cerchia di chi si sente già parte della famiglia della Chiesa, per interpellare anche il mondo laico e gli uomini della cultura, del lavoro, dell’economia, della politica e di ogni altra realtà civile e sociale che abbia a cuore l’umano.
In questa direzione l’apertura dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (n. 49) ci è di monito, e avvia un processo nuovo: “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti”.
Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita.
Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: “Voi stessi date loro da mangiare”».
Quali sono i modi di narrare la vita bella della Chiesa?
«C’è da mettere in circolo tutte le belle esperienze che le nostre comunità fanno rispetto alla catechesi e alla missione, alla cura della famiglia e all’educazione, alla solidarietà e all’impresa sociale. Il nostro territorio è ricco di tante esperienze che andrebbero condivise: lo testimonia il materiale arrivato per Firenze dalle diocesi.
Sono tutte esperienze da cui emergono delle novità: dinamiche di dialogo, soprattutto con le istituzioni, e il progressivo coinvolgimento delle comunità ecclesiali e del territorio. Sono esperienze in cui le comunità vivono un’esperienza autentica di fraternità, accogliendo le domande di vita delle persone, proponendo percorsi di ascolto e di accompagnamento.
Dalle testimonianze riportate emergono anche delle criticità: le resistenze da parte dei “titolari” tradizionali della pastorale, parroci, catechisti, laici impegnati che ritengono ‘riservati’ alcuni ambiti di intervento. C’è quindi tanto lavoro formativo da fare nelle nostre comunità per entrare nella logica diversa di “essere Chiesa” e di interpretarne la missione. Questo presuppone un cammino di conversione personale e pastorale che continua anche dopo il convegno di Firenze».
Quale è il ruolo dell’Azione Cattolica in questo percorso di avvicinamento al Convegno fiorentino?
«L’Azione Cattolica è pienamente inserita nel cammino di preparazione al V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze. Molti sono gli appuntamenti, promossi dall’associazione nelle diocesi italiane, anche in collaborazione con gli altri soggetti ecclesiali, per aiutare a vivere il Convegno come vera esperienza “sinodale”, occasione per camminare insieme per tutta la chiesa italiana.
L’impegno, ribadito dal Consiglio Nazionale che ha riflettuto nel marzo scorso sulla traccia preparatoria, vuol essere quello di cogliere con “sguardo grato” il bello che c’è in ogni esperienza umana, non nascondendo le fatiche, ma cercando di leggere i segni dei tempi con fiducia e speranza e raccontare, a partire da quello che ciascuno di noi sperimenta quotidianamente, la bellezza della vita cristiana, che non sminuisce, ma dà pienezza alla nostra umanità.
Le continue trasformazioni del nostro tempo ci sollecitano a rinnovare il nostro impegno educativo nella consapevolezza che al centro dell’azione educativa c’è la cura per le persone e il primato della relazione personale. Avvertiamo l’importanza di costruire percorsi che possano rispondere all’esigenza di formare coscienze mature nella fede e in umanità, che sappiano compiere scelte responsabili per il bene comune.
Proprio per questo, la presidenza nazionale si è impegnata nella riflessione in preparazione al Convegno ecclesiale attraverso i suoi più rilevanti appuntamenti nazionali. Nelle realtà diocesane, l’associazione si impegna a stimolare la riflessione nei consigli pastorali e nelle consulte delle aggregazioni laicali, ma anche a diffondere e mettere in rete le buone pratiche, testimonianza che un nuovo umanesimo fondato in Gesù Cristo può essere realmente vissuto attraverso esperienze possibili.
Stiamo pensando anche alcune modalità per curare il ‘dopo Firenze’ perché le intuizioni e le scelte maturate in quella sede possano essere poi diffuse e condivise con le realtà diocesane e parrocchiali».
Intervista a Maria Grazia Vergari di Simone Baroncia
concessa al quotidiano on line Korazym.org