Coraggio, mano tesa e niente compromessi

L’introduzione del Papa al Sinodo

La chiesa di Papa Francesco è “ospedale da campo”, chiesa dalle porte aperte “ad accogliere chiunque bussa chiedendo aiuto e sostegno”, chiamata a vivere la sua missione “nella verità che non muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti”; e nella carità “che non punta il dito per giudicare gli altri”. Una chiesa che deve uscire dal proprio recinto per camminare con l’umanità ferita, tentata dall’autoreferenzialità; con le coppie ferite verso le quali sente il dovere di portare “l’olio dell’accoglienza e della misericordia”. Una chiesa, ancora, che dice no al dramma della solitudine che affligge tante donne e uomini: gli anziani abbandonati dai loro cari, dai figli; persone che hanno visto morire il proprio congiunto o sono stati lasciati dalla propria moglie o marito; persone che si sentono sole, non capite né ascoltate come i migranti, i profughi; i giovani vittime della cultura dell’usa e getta.

È a questa chiesa che guarda il primo Papa latinoamericano, aprendo i lavori del Sinodo dei vescovi sul tema della famiglia. Per questo non usa mezze misure quando ricorda che il Sinodo “non è un convegno o un parlatorio, non è un parlamento o un senato dove ci si mette d’accordo”, e dove “per raggiungere un consenso o un accordo comune si ricorre al negoziato, al patteggiamento o ai compromessi”. Ma è la chiesa che “cammina insieme” per leggere la realtà con gli occhi della fede e con il cuore di Dio”.

Coraggio apostolico, umiltà evangelica e orazione fiduciosa, sono le tre strade che Francesco indica ai padri sinodali. Coraggio apostolico, dunque, per non lasciarsi impaurire davanti alle seduzioni del mondo, né di fronte “all’impietrimento di alcuni cuori che – nonostante le buone intenzioni – allontanano le persone da Dio. Umiltà evangelica che, per usare le parole di Papa Giovanni XXIII, condanna l’errore ma tende la mano all’errante e lo aiuta a rialzarsi, senza mai sentirsi superiori. Orazione fiduciosa, infine, per ascoltare la voce di Dio che parla nel silenzio e non soltanto le nostre parole “che non saziano e non servono”.

Una riflessione che non è lontana dai temi che le cronache dei media mettono in primo piano – comunione ai divorziati risposati, indissolubilità del matrimonio, unione di persone dello stesso sesso – ma che li affronta con una logica fatta di attenzione, accoglienza, pur nel rispetto della dottrina che non cambia. Come ha detto monsignor Bruno Forte, segretario speciale, il Sinodo è pastorale come lo è stato il Concilio Vaticano II: “cerchiamo nuove vie di approccio per rendere la chiesa più vicina alle donne e agli uomini del suo tempo. La chiesa non può restare insensibile davanti alle sfide. Questa è la vera posta in gioco del Sinodo”.

“Il Sinodo sia un luogo di dialogo, non delle idee difese a oltranza”, ha chiesto l’honduregno cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore del Consiglio dei 9 cardinali che affiancano Papa Francesco nella riforma della Curia. Proponendo una meditazione prima dell’inizio dei lavori, il porporato salesiano ha  suggerito ai 270 padri sinodali di non scoraggiarsi vedendo i problemi  di “una Chiesa in via di estinzione e della famiglia sotto attacco”, ma  di “guardare avanti con coraggio, sperando nel Signore”. In questo modo, ha assicurato, “il Dio della carità e della pace starà con noi in un  cammino di gioia e speranza per tutta la famiglia”. Per Maradiaga, il Sinodo dovrà essere “uno strumento di pacificazione” offrendo “il suo contributo alla pace”.
Ma restano i temi caldi, e il primo fra questi è legato alle persone omosessuali e al tipo di accoglienza che la chiesa deve loro riservare. Questione molto dibattuta e acuita dopo il viaggio del Papa negli Stati Uniti e l’incontro con l’amico Yayo Grassi e il suo compagno e dopo la confessione del sacerdote polacco Krzysztof Charamsa che, dichiaratosi omosessuale, è stato rimosso dai suoi incarichi presso la Congregazione per la dottrina della fede dopo il suo coming out. Le unioni tra persone omosessuali restano, dunque, un problema difficile da affrontare – si tratta di raccogliere la voce della Chiesa e valutare i documenti già pubblicati dal magistero, ha detto il cardinale Erdo – così come la questione, emersa in alcuni paesi, di una possibile equiparazione tra queste unioni e il matrimonio riconosciuto dalla chiesa. Francesco ricorda, dunque, che il compito di questi giorni sinodali è di trovare, nell’insegnamento di verità e di misericordia del Signore, le “strade più opportune per un impegno adeguato della chiesa con le famiglie e per le famiglie, perché il disegno originario del Creatore sull’uomo e sulla donna possa attuarsi e operare in tutta la sua bellezza e la sua forza nel mondo di oggi”.

Non ultima la questione dei sacramenti ai divorziati risposati. L’attuale posizione della Chiesa che proibisce la comunione eucaristica ai divorziati risposati “non consiste in un divieto arbitrario, ma è un’esigenza intrinseca richiesta in varie situazioni e rapporti, nel  contesto della testimonianza ecclesiale”.  Lo afferma la “relatio” letta alla prima Congregazione Generale del Sinodo dal cardinale Peter Erdo, che aggiunge: certo c’è “la necessità di ulteriori approfondimenti e riflessioni” ad esempio per quanto riguarda la via penitenziale, e su questo tema, ha aggiunto, vi è stato “un approfondimento scientifico”. Come pure vi è stato sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia: “L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del vescovo diocesano”, ha detto Erdö. Tuttavia, “va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti”.

Una chiesa che si interroga, dunque, sulla sua “fedeltà al deposito della fede”, ricorda ancora Papa Francesco ai padri sinodali, ma anche a noi cronisti che raccontiamo questo evento con le categorie conservatori e progressisti, perché, aggiunge ancora, la fede “non rappresenta un museo da guardare e nemmeno solo da salvaguardare, ma è una fonte viva alla quale la Chiesa si disseta per dissetare e illuminare il deposito della vita”.

 

di Fabio Zavattaro dal sito http://azionecattolica.it